La Goccia Società Cooperativa Sociale

Menù

PROBLEMATICHE ADOLESCENZIALI E PROPOSTA PER UNA TEORIA DELLA CURA

L’adolescenza rappresenta il crocevia di tre elementi diversi tra loro che dovranno trovare modo di integrarsi nella realizzazione di una persona, ovvero aspetti biologici, psicologici, e sociali.

Intesa come una bozza di proposta “aperta” per delineare e rielaborare nel Gruppo di lavoro:

  • un orizzonte concettuale comune
  • un linguaggio clinico condiviso
  • una consapevolezza metodologica
  • una prospettiva di cura effettivamente praticabile in relazione ad alcune problematiche psicologiche e comportamentali dell’adolescente.

A. PREMESSA CONCETTUALE

Lo sviluppo psicologico del Sé si configura in generale come un processo biografico dall’esito non scontato e legato ad una combinazione fortuita di fattori genetici e di fattori contestuali che possono favorire o meno l’espressività genica e le sue potenzialità.
Si potrebbe ipotizzare un modello “epigenetico” dello sviluppo emotivo individuale e del Sé, attraverso un circolo ricorsivo progressivo tra fattori di integrità/disponibilità biologica da un lato e variabili di contesto dall’altro, variabili di contesto soprattutto intese come variabili relazionali a partire da quelle dell‘Attaccamento.
A livello emotivo si potrebbe configurare in altri termini uno sviluppo analogo a quello che il “Neurocostruttivismo” ipotizza in campo cognitivo, con dei progressivi livelli di acquisizioni psichiche che a loro volta permetterebbero ulteriori stadi di sviluppo del processo e ulteriori livelli di acquisizioni e così via verso forme di progressiva maturazione strutturale e di crescita delle competenze emozionali e del funzionamento psichico complessivo.

B. CORNICE TEORICA DI RIFERIMENTO

Interesse particolare è riservato alle teorizzazioni in tema di Metacognizione o di Funzione riflessiva del Sé (P. Fonagy), un vero e proprio ponte tra l’orizzonte concettuale cognitivista e quello psicodinamico e che tiene presenti anche i risultati più significativi degli studi in ambito della Teoria dell’Attaccamento e della Infant research.
Interesse particolare in altri termini per il cosiddetto processo di Mentalizzazione, processo strutturalmente intersoggettivo, ancorato com’è alla Relazione di attaccamento, che spinge il Sé al salto psichico dal Preriflessivo al Riflessivo, ritagliando e distinguendo progressivamente un universo Sociale, “causato” sul piano delle forze psicologiche e mentali, da un universo Non sociale, “causato” sul piano delle forze di tipo fisico, e aprendo così alla possibilità del Sé di rappresentarsi i comportamenti e gli stati d’animo, propri e dell’Altro che siano, in termini di intenzioni, di idee, di credenze, di sentimenti, di aspettative e di desideri, in una parola in termini di significato simbolico.

A fare da cornice più generale in modo sintetico da un lato la prospettiva delle Psicologie di ambito cognitivista fortemente ancorate all’analisi delle funzioni del linguaggio, della dimensione semantica e del ruolo della relazione e della socialità nella costruzione dei Mondi psicologici privati e pubblici e che affondano le radici sul piano storico nell’Interazionismo simbolico e nelle sue diverse articolazioni storiche in ambito psicologico, ecosistemico, etologico e microsociologico (G.H. Mead, W. James, T. Harrè, J. Bruner, G. Bateson, E. Goffman).

Dall’altro lato, in campo psicodinamico, la prospettiva in generale delle Relazioni oggettuali e in particolare la declinazione della Teoria dello sviluppo emotivo e del Sé (D. Winnicott) a configurare un processo individuale di progressive acquisizioni di competenze corporee e psichiche a partire dallo scambio comunicativo, verbale e metaverbale, e dalla relazione con la Figura di accudimento primario (J. Bowlby).

C. LIVELLO DI DESCRIZIONE DEL FENOMENO

La lettura e la descrizione del fenomeno da parte del gruppo tecnico dovrebbero privilegiare una chiusura di tipo simbolico (H. Maturana e F. Varela) degli eventi critici osservati, chiusura attinente pertanto alle interdipendenze dei sistemi osservati (sistema adolescente, sistema famiglia, sistemi dei curanti, sistema scolastico etc), piuttosto che alle presunte caratteristiche interne del “sistema adolescente”, e che risponde quindi più spesso a domande del tipo: perché alcuni comportamenti (o sintomi) in tale ambito o in talaltro? quale significato ipotizzabile? quali le variabili di contesto più ricorrenti? Etc.

In altri termini e su un piano più clinico si può dire che bisognerà certo anche familiarizzare come Gruppo di lavoro con i cosiddetti Organizzatori nosografici (dispositivi concettuali che hanno a che fare con i sintomi e con il processo morboso o la malattia diagnosticata) ma operare avendo in mente soprattutto Organizzatori psicopatologici (dispositivi che attengono più al livello dei vissuti di sofferenza ipotizzati e al tentativo di condividerne il senso) per rappresentarsi meglio le difficoltà dell’Altro e per regolare con più competenza le variabili emotive e relazionali nel processo di cura.

Non escludendo anche il ricorso a Organizzatori socioantropologici (disposit vi che attengono a determinanti culturali più generali e trasversali rispetto al singolo individuo) per dare ulteriore comprensibilità a quello con cui bisognerà confrontarsi, secondo uno schema che procede a cerchi concentrici e progressivi dal “particolare” del sintomo al “generale” dei fattori etnici e culturali, passando per l’individuo, per le caratteristiche del contesto familiare e fino a considerare quelle del contesto socioculturale.

Le problematiche adolescenziali sembrano avere del resto tutte quelle che sono le caratteristiche ostative per una classificazione categoriale in psichiatria, configurando disturbi dai contorni sfumati e confluenti tra loro che potremmo definire una vera e propria “provocazione nosografica”. Si ha a che fare infatti più spesso con processi morbosi a carattere sistemico, ad esordio precoce naturalmente, tendenti ad un decorso cronico, pervasivi rispetto alla personalità e al funzionamento globale dell’individuo e con prognosi inevitabilmente condizionata da rilevante interferenza dei fattori extraclinici e di contesto.

Appare utile distinguere e prepararsi al confronto clinico con alcune fenomenologie psico- comportamentali più ricorrenti in adolescenza: quadri di Disagio aspecifico, quadri di cosiddetto Breakdown, di Esordio psicopatologico precoce, di continuità con Disturbi psicopatologici dell’età evolutiva e infine quadri di continuità con Disturbi del neurosviluppo infantile.

D. OGGETTO DI RIFLESSIONE TECNICA

Intanto si avanza l’ipotesi di un Campo adolescenziale inteso come “ambiente psicologico diffuso”, un vero e proprio campo di forze di tipo affettivo che finisce per inglobare in alcuni passaggi senza una definita soluzione di continuità adolescente e contesto relazionale di riferimento, familiare più spesso. Ambiente psicologico in cui è impossibile rimanere attore estraneo anche volendolo, per un processo di marcata e ambivalente significazione dello scambio relazionale e in cui quello che si fa e quello che non si fa diventa inevitabilmente importante e rischia di finire per significare “stare dalla stessa parte o stare contro”, senza particolari sfumature.

E poi Adolescenza intesa come una concomitanza biografica di forti spinte affettive (interne ed esterne) che configurano l’irrompere di nuovi desideri e di nuove rappresentazioni mentali, orientati tutti a stabilire sul piano psicologico più autonome “locazioni” identitarie e su quello storicoculturale un nuovo e più esplicito patto generazionale; processo abbastanza impegnativo e che può comportare di per sé difficoltà per le inevitabili tensioni di adattamento tra le nuove esigenze dell’Io e le varie rappresentazioni che riflettono i cambiamenti del Me corporeo, sociale e spirituale che sia.. Difficoltà che possono configurare una semplice disarmonia o interruzioni più problematiche, fino a una vera e propria rottura del processo evolutivo dello sviluppo psicologico individuale.

E. IPOTESI PATOGENETICHE E LIVELLO DESCRITTIVO DEI VISSUTI PREVALENTI

Si può e si dovrebbe partire dal processo di Mentalizzazione, naturalmente come processo problematico in sè e tutt’altro che lineare sul piano biografico, tanto da risultare nei fatti inevitabilmente “solo” più o meno adeguato (e mai purtroppo una volta per tutte) e tale da condizionare di conseguenza, nel corso del tempo, e in modo particolare durante l’esperienza psicologica adolescenziale, la capacità dell’individuo di regolare l’emotività, di elaborare gli stati di coscienza e di esercitare competenza relazionale.

Un ruolo decisivo in questo senso potrebbero giocare gli elementi disadattativi postcritici o “post traumatici” accumulati durante la storia peculiare della crescita psicologica individuale e alla base di stili emotivi problematici (storia caratterizzata spesso dalla distonia o ancor più dalla trascuratezza relazionale o da una vera e propria violenza assistita o anche diretta) che possono essere esasperati o addirittura portati a rottura in corso della adolescenza, intesa come prima effettiva esperienza di transizione biografica e in quanto tale processo caratterizzato di per sé da spinte problematiche e disadattative.
Tutte spinte naturalmente da rielaborare e da armonizzare se si vuole preservare l’integrità della Funzione riflessiva o del processo di Mentalizzazione.
Il rischio, infatti, negli equilibri emotivi “disadattativi” è proprio quello di appiattire l’esperienza individuale sul piano “preriflessivo”, a un livello più elementare e ‘’fisico’’ di funzionamento. Senza possibili alternative di elaborazione mentale quindi, fino a interdire la dialettica psichica “concretezza/astrazione”, ‘’particolare/ generale’’, ‘’scisso/integrato’’, ‘’disorganizzato/organizzato’’, ‘’attivato emotivamente/elaborato mentalmente’’ e collassando progressivamente sul livello più fisico e sulla difficoltà personale. Ciò alimenta inevitabilmente problematiche relazionali e un sentimento generale di inadeguatezza e di fallimento con “frustrazione” e con conseguente attivazione vegetativa ed emotiva.
Un dolore generale e totale, spesso insopportabile per l’adolescente, alla base non solo di disregolazione emotiva e comportamentale ma anche di vari livelli di alterazione della coscienza, che spingono a orientare sempre più in chiave autoreferenziale l’esame di realtà.

Un esempio di possibile circolo vizioso dell’esperienza individuale e del suo “collasso sulla modalità Preriflessiva” di elaborazione psichica potrebbe prevedere tra i tanti i seguenti passaggi:
A/scambio relazionale ripetutamente frustrante ->
B/collasso del processo di Mentalizzazione su una forma di elaborazione più Preriflessiva o Fisica dell’esperienza ->
C/percezione di difficoltà e di fallimento con dolore psicofisico non governabile sul piano emotivo ->
D/possibile agito comportamentale ->
E/rilassamento emotivo transitorio ->
F/stigmatizzazione degli eventi accaduti da parte del contesto relazionale ->
G/scambio relazionale ancora più frustrante e così via per un ulteriore doloroso avvitamento.

Adolescenza quindi come prima transizione biografica e come passaggio delicato di discontinuità identitaria individuale, ma anche adolescenza come possibile crisi del processo evolutivo psicologico e fallimento più o meno prolungato della negoziazione relazionale di un Sé praticabile.
Siamo di fronte a fenomenologie problematiche piuttosto variegate e “scivolose “ sul piano clinico e a rischio continuo di slittamento verso forme di incomprensione, rifiuto e addirittura di “giudizio moralistico” che suggerirebbero al Sistema dei curanti di armarsi di pazienza sul piano personale e di Organizzatori psicopatologici su quello professionale per meglio rappresentarsi in termini di “vissuto prevalente” il disagio anche caotico e la sofferenza a volte “irrispettosa” con cui si potrebbe doversi confrontare.
Sofferenza che spesso nell’adolescente, anche in apparenza lucido, comincia con il comportare una crisi di efficacia della Funzione riflessiva e insospettabili livelli di offuscamento della coscienza e di stravolgimento della percezione della realtà contestuale.

Il disagio e il sentimento di inadeguatezza personale potrebbero poi assumere varie configurazioni e si farà cenno schematicamente a cinque fenomenologie o tipologie prevalenti “di vissuto” e alle relative risonanze emozionali, che non si escludono reciprocamente e procedono lungo un gradiente di progressiva gravosità clinica e soprattutto di sofferenza personale.

  1. “NON VOGLIO” /prevale rabbia, disgusto / in relazione al piano della volontà di essere
  2. “NON SO” / prevale angoscia, tristezza / in relazione al piano della consapevolezza e delle scelte etiche
  3. “NON POSSO” – “POSSO TUTTO” / prevale paura, blocco o al suo opposto può prevalere potenza, disinibizione / in relazione al piano dell’azione
  4. “NON SENTO” / prevale percezione di vuoto, più spesso anche derealizzazione somatopsichica con dolore/ in relazione al piano della coscienza di Sé
  5. “NON SONO” / panico, frequentemente derealizzazione auto e allopsichica con confusione / in relazione al piano dell’identità

F. OBIETTIVI DELLA PRATICA CLINICA NELLA COMUNITÀ

• Lavorare alla ‘’Mentalizzazione’’ dell’esperienza fatta e osservata, e alla produzione di ‘’mentalità’’ intesa come rappresentazione e lettura dell’esperienza individuale e degli avvenimenti relazionali. Lettura dotata di sfumature di significato e delle diverse prospettive e angolature possibili, relative cioè a tutti i soggetti implicati, a partire dal Gruppo di lavoro.
• Rappresentarsi, restituire o ‘’proiettare’’ senso (secondo ovviamente un criterio di coerenza e non di verità) per provare a rendere più comprensibili i comportamenti osservati a beneficio di tutti i protagonisti dell’interazione (diretti e indiretti, volontari o involontari che siano) utilizzando quanto più possibile chiusure descrittive di tipo simbolico di ciò che si osserva in Comunità (secondo uno modello di lettura degli avvenimenti attenta alla cornice ‘’ruolo/regola’’ e ‘’azione/atto’’) e utilizzando di più e più possibile gli Organizzatori psicopatologici.
• Promuovere un ambiente relazionale “prevedibile” e “affidabile” nel tentativo di riattivare lo scambio simbolico interpersonale. Di particolare interesse in questa prospettiva appare la riflessione di D. Siegel con riferimento alla Finestra di tolleranza individuale, ai fenomeni di Disregolazione emotiva e alle strategie di Mastery da tener presenti sul piano terapeutico.
• Promuovere esperienze riparative sul piano emotivo alla ricerca di un NOI tollerabile, negoziabile e se possibile anche condiviso, nel senso più profondo del CoEsistere (J.L. Nancy).
• Favorire nella relazione di cura consapevolezza e competenze emotive e relazionali dell’adolescente in tutti i sistemi implicati, spostando progressivamente l’attenzione da quello
A. che si sente e si prova e che allontana da tutti, che spinge ad agire in modo impulsivo
B. alla possibilità di condividere quello che si sente e si prova
C. alla possibilità di pensare a quello che si sente e si prova fino a verbalizzarlo, o addirittura a scriverlo, assumendo, rielaborando e ricomponendo attraverso il Gruppo di lavoro le emozioni più “grezze” e le proiezioni frammentate (se necessario anche ricorrendo alla risorsa psicofarmacologica).
• Rielaborare le aspettative della committenza (famiglia e Servizi soprattutto) in senso realistico, evitare deleghe assolute e lavorare per dare significato progettuale alla “scelta” della soluzione comunitaria da parte dei Servizi invianti e fino alla formulazione se possibile di un contratto di cura anche con lo stesso adolescente.

G. ASPETTI METODOLOGICI NEL CONFRONTO TECNICO DI GRUPPO

• Occasioni informali e codificate di autoreferenza tecnica di tutti i passaggi possibili della vita comunitaria nella prospettiva di una semantica quotidiana, nella prospettiva dell’interdipendenza ineludibile dei sistemi implicati e di una possibile problematizzazione o di un possibile cambiamento degli stili e delle relative rappresentazioni mentali in atto in tutti i protagonisti relazionali (occasione del confronto tecnico).
• Occasioni codificate di confronto di tutti gli Attori in Comunità sulla coesistenza quotidiana e le sue regole (confronto che potremmo definire più “politico”).
• Una relazione di cura capace di avere come obiettivo la praticabilità effettiva dell’offerta terapeutica e di perseguire il mantenimento dell’accoppiamento strutturale tra sistema dei curanti e sistema dei curati come problema prevalentemente tecnico, evitando false soluzioni terapeutiche e direi anche false autoassoluzioni sul piano metodologico (sul modello di eventuali “resistenze” al trattamento). Tutto ciò comporta la necessità di esplicitare le difficoltà sperimentate nel processo di cura e la logica delle eventuali decisioni adottate o che ci si potrebbe sentire “costretti” ad adottare.

• Definire un senso del limite ed eventuali regole di contenimento emotivo anche ricorrendo al riconoscimento dell’esistenza di diversi livelli di Realtà sovraordinati, al fine anche di garantire un esercizio esplicito del “potere” e della delega sociale, con la possibilità di provare a distinguere di volta in volta con l’Adolescente tra il piano di una Realtà personale e del desiderio, quello di una Realtà relazionale e di una Realtà comunitaria e quello ancora più sovraordinato di una Realtà sociale.
• Esercizio di monitoraggio e consapevolezza all’interno del Gruppo di lavoro delle inevitabili spinte simmetriche e asimmetriche sul piano della relazione soprattutto con l’adolescente.

H. LE RISORSE DELLA CURA

Gli adolescenti, prima di tutto, poi gli adolescenti insieme, noi insieme e gli adolescenti, infine tutto quello che come Gruppo di lavoro ci verrà in mente, gli adolescenti…e così via

J. DENOMINAZIONE DELLA COMUNITÀ

E.Co
come l’Eco dell’Altro e dei suoi infiniti fantasmi che inevitabilmente riflette, rispecchia e dà senso ai nostri pensieri e alle nostre emozioni
E poi E.Co
come Ecologia di tutto e prima di tutto della Mente e della Relazione interpersonale, alla maniera di G. Bateson
E poi anche E.Co
come l’Esistere che si può strutturare e realizzare in un pieno sviluppo psicologico di Sé solo a partire dal Coesistere e dallo scambio simbolico con l’Altro, come teorizzato da JL. Nancy
Oppure E.Co
come Esperienza in Comunità quando è utile, quando i Servizi richiedono una osservazione e una valutazione clinica in un contesto meno congestionato sul piano emozionale e quando il contesto di riferimento affettivo, familiare più spesso, collassa su se stesso e perde di progettualità
Oppure ancora E.Co
Come Elementi in Connessione, nel senso di giovani che saranno in Comunità terapeutica e che non potranno non essere “connessi” ma che pure dovranno governare con qualche forma di competenza i collegamenti possibili con un Mondo sempre più dilatato tra “reale” e “virtuale”. E poi nel senso anche di una Comunità terapeutica che nasce e si pensa come Elemento in Connessione ad una rete di Servizi, del DSM soprattutto, con cui progettare cura e collaborare.

BOX AUTORE

COOPERATIVA LA GOCCIA

Addetto stampa Coop. La Goccia

LE ULTIME NEWS

Un Anno di Crescita: Rassegna Stampa Quotidiana

Nel nostro resoconto, vogliamo evidenziare l’incredibile trasformazione che ha condotto questa comunità eco, nata soltanto un anno fa, a divenire un punto cardine nell’ambito dell’intero territorio regionale e il simbolo di prestigio della cooperativa.

Leggi Tutto »

La prima struttura residenziale sociosanitaria per minori”

Comunicato Stampa 15.06.22 La Goccia, cooperativa sociale che opera da quasi 40 anni nell’ambito dei servizi sociosanitari, educativi, formativi e ricreativi per minori e adulti, inaugurerà sabato 18 giugno alle ore 10.30 a Bastia Umbra – Via Ceppaiolo, 24, la Comunità E.Co, il nuovo servizio residenziale sociosanitario per minori che andrà ad ampliare la già vasta rete di servizi offerti dalla cooperativa, potenziando la risposta al “disagio” dei minori.

Leggi Tutto »